Guerre puniche (2016) by Giovanni Brizzi
autore:Giovanni Brizzi [Brizzi, Giovanni]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Corriere della Sera
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00
Estesa, popolosa, fertilissima, ricca di miniere soprattutto dâargento, la Sardegna era forse il più prezioso dominio oltremare di Cartagine; e costituiva da sempre il cardine stesso delle sue rotte nel Mediterraneo occidentale.
Lâisola era stata sostanzialmente interdetta a Roma fino dal trattato del 348 a.C.; sicché la reazione del governo punico appare del tutto naturale. Terra di antica, vasta ed intensa frequentazione fenicia, la Sardegna aveva conosciuto assai presto un primo processo di colonizzazione. A Sulci e Tharros, sorte nellâVIII secolo a.C., erano seguite nel VII Cagliari, Nora, Bithia; e lâoccupazione, estesa poi alle coste settentrionali, dove era nato il centro di Olbia, si era infine spinta verso lâinterno.
Oltre che con la costante presenza militare, Cartagine aveva cercato di garantirsi il controllo dellâisola promuovendo un processo di simbiosi per quanto possibile accetto alle diverse comunità che lâabitavano. Il risultato, tuttavia, non era stato il medesimo ovunque; sicché, anche nel momento di scegliere pro o contro tra lei e Roma, non tutte le componenti le rimasero fedeli. Mentre gli indigeni (o almeno le popolazioni dellâinterno), già ostili ai mercenarî ribelli, si schierarono sempre, anche in seguito, con Cartagine, ben diverso fu lâatteggiamento dei centri costieri, di remota origine fenicia.
Sembra assai poco plausibile lâipotesi, proposta da qualcuno (lo storico Gaetano De Sanctis), secondo cui gli abitanti di questi centri sarebbero rimasti vittime di un sanguinoso vespro esteso a tutta lâisola, sterminati dalle truppe ribelli. Né questa notizia, né lâaltra, riferita da Polibio, secondo cui gli ammutinati furono costretti dalla minaccia dei Sardi a rifugiarsi addirittura in Italia, sono verosimili; tanto più che appaiono apertamente smentite dal riscontro con le fonti archeologiche, in cui nulla induce a ritenere che la vita nei principali centri della Sardegna sia stata turbata da questi eventi. Quanto allâazione dei ribelli, quando afferma che essi massacrarono «tutti i Cartaginesi nellâisola», Polibio impiega evidentemente il termine «Cartaginesi» nel suo senso più restrittivo e insieme più corretto, riferendolo ai soli cittadini della metropoli africana presenti in loco (rappresentanti del governo centrale, come Bostare; alti ufficiali, come Annone; ma anche gabellieri, mercanti, eccetera) e alle loro famiglie, senza comprendervi i Fenici dellâisola che, in effetti, stricto sensu non erano affatto Cartaginesi.
Tutto porta anzi a concludere che costoro siano non solo rimasti relativamente indenni durante la guerra dei mercenarî; ma abbiano addirittura fatto per lo più causa comune, prima con gli insorti (e, a questo proposito, pare senzâaltro significativo il parallelo con le africane Utica e Hippo Diarrhytus, passate anchâesse ai ribelli); poi con gli stessi Romani. Non è forse un caso che, nel 238, lâisola sia stata, secondo Zonara, occupata dalle legioni «senza combattere».
Quello che, nella fase iniziale della conquista, fu possibile con le città della costa non lo fu, viceversa, quasi mai con le regioni dellâinterno. Tra V e III secolo a.C., durante il secondo momento coloniale, la Sardegna si era progressivamente aperta al flusso delle genti provenienti dal Nord Africa e dirette verso le regioni non toccate dalla precedente colonizzazione. Questa fase, più propriamente punica, aveva coinvolto, in apparenza, le stesse élite nuragiche; ma aveva finito per emarginare alquanto i nuclei fenici originari.
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